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Il suo ultimo libro, Pastorale Digitale 3.0, è il frutto di tanto studio e passione, ma soprattutto della volontà di applicare i valori etico-morali anche negli aspetti più pratici della vita quotidiana.

da: Pastorale Digitale

Categoria: CONSULENZA

CONTENUTO PUBBLICITARIO

riccardo petricca - Pastorale Digitale 3.0

Attraverso la storia ed il progetto di Riccardo Petricca è possibile smentire il pensiero prevenuto di chi sostiene che le nuove tecnologie siano la “rovina” delle nuove generazioni, ma soprattutto che non abbiano apportato alcun beneficio ai rapporti sociali. Pastorale Digitale, il progetto da cui prendono il nome anche i libri di Petricca non è altro che l’esempio concreto di come con studio, buona volontà e, soprattutto, il desiderio di unire pratica e sociale, sia possibile applicare le nuove tecnologie anche ad ambiti impensabili, come quello ecclesiastico e  pastorale. Petricca infatti ha scelto di “attualizzare” gli strumenti con cui la Chiesa può esprimersi e comunicare: “Quando internet era riservato a pochi – spiega Petricca – utilizzare i nuovi strumenti in ambito cristiano cattolico sembrava quasi un’ eresia. A distanza di anni c’è stato un grande cambiamento, e di questo avanzamento parlo nel libro, perché per me è stato un percorso e una crescita non solo professionale, ma anche personale”.

 

Si comincia con il sito, i social, che vengono usati per trasmettere gli eventi che si organizzano e per raccontarli nei particolari. Con Pastorale Digitale 3.0, l’ultimo libro pubblicato da Petricca, ci si occupa di sicurezza informatica, realtà virtuale/aumentata e Metaverso, ma anche blockchain per transazioni sicure. “Non vogliamo cambiare nulla del passato, ma con il 2.0 e 3.0 cerchiamo di migliorare la comunicazione, che è solo più adeguata ai tempi. Il mezzo, il metodo è differente, ma il messaggio rimane invariato” afferma Petricca, che nel progetto ha coinvolto tanti ragazzi. Come racconta, i collaboratori con cui ha dato vita al progetto, sono stati una parte fondamentale: occupandosi del lato social, delle piattaforme digitali sono riusciti a creare un vero e proprio “ambiente digitale” che pian piano si è trasformato in ambiente reale, per quel bisogno di vicinanza e prossimità che contraddistingue l’uomo. Tra tutti i collaboratori c’è un filo conduttore, che lega tutte le storie in un progetto più grande: “L’ultimo capitolo del libro racconta com’è nata l’App. Il ragazzo a cui mi sono rivolto per la programmazione mi ha raccontato la sua storia, una storia di rinascita e speranza. È un ragazzo con disabilità che ha dovuto imparare a vivere in un altro modo e ora ha fatto di una necessità, l’informatica ed il web, una passione ed una professione”.

 

Il desiderio di Petricca per il breve termine è quello che sempre più realtà ecclesiastiche e non, aprano i loro orizzonti come già sta accadendo, per poter imparare ad abitare i nuovi ambienti digitali. C’è la volontà di creare una comunità che prescinda da qualsiasi diversità, anzi sottolinei i punti in comune. Quello che però, secondo Petricca, è alla base di tutto è l’educazione non solo digitale, ma soprattutto i principi morali ed etici: “Ci sono principi e valori che prescindono dalla fede, ma che bisogna sempre cercare di applicare per il bene dell’umanità. Ci deve essere un’educazione, perché il mondo digitale offre degli spazi e degli strumenti bellissimi ma devono essere sicuri e soprattutto usati con intelligenza e consapevolezza”.

 

Dunque Pastorale Digitale cresce e crescerà, con nuovi progetti e nuove applicazioni, ma soprattutto grazie al fatto che il team ha il desiderio di continuare nella propria missione: “Nonostante i vari problemi e ostacoli che ho incontrato nel mio cammino, ho avuto una mano tesa verso di me. Capisci che la vita è fatta di tante cose, tanti milioni di pezzi che quando vengono messi insieme, danno forma ad un puzzle meraviglioso, e ti rendi conto di quanto ne sia valsa la pena. L’importante è giocarsela, non rimanere in panchina, perché altrimenti si perde in partenza. Io ho capito che questa è la mia strada, e posso dire che ne vale davvero la pena” conclude Petricca.